Ieri pomeriggio, una mamma, anche cara amica, all’uscita dei bimbi da scuola, mi ha domandato: “Senti, ma cosa significa essere al proprio posto?”
Sembrerà a tutti una domanda semplice, ma come dico spesso, le cose più semplici sono quelle con mille significati dentro, le cose invece tutte arzigogolate piene di grossi paroloni alla fine hanno uno spessore sottile sottile. Il nostro cuore è semplice, non gli servono tanti giri di parole… è la nostra testa, il nostro voler capire, giustificare, far rientrare dentro a schemi che in un qualche modo sembrano proteggerci, che cerca mille parole per allontanarci dal profondo significato di ciò che sentiamo dentro di noi.
Così, tra i bimbi euforici per il suono della campanella e per la neve caduta la notte precedente, ho provato a risponderle.
Caduta inizialmente anche io, nel tranello di fare una grande teoria, mi sono fermata un attimo, ho preso un grande respiro (nel mentre stavo attenta che una palla di neve non mi centrasse in pieno!) e così le ho risposto:
“Non essere al proprio posto è, per esempio: quando una figlia si trova a fare da mamma alla propria mamma, quando un marito si trova a fare da papà alla sua amata, quando un insegnante vuol fare da genitore ai propri alunni, quando un collega chiede all’altro di sostituire un ruolo familiare mancante e non riconosciuto…”
Ma tutto questo accade senza che noi ce ne rendiamo conto… e così i rapporti iniziano a zoppicare, a creare tensioni e fraintendimenti, abbandoni, rabbia, dolore … e non si sta bene.
Aggiungo: neanche gli altri membri della famiglia in questi casi stanno bene, perché è come se tutti fossimo legati, gli uni agli altri, da quel grande sentimento che è l’Amore e per il quale , da sempre, si è disposti a tutto.
Alla fine ero contenta.
Più ne parlo di queste cose, più mi commuovo. Questo mi fa vivere un grande senso di gratitudine… verso le persone e la vita.
Conclusione un pò patetica… ma sono fatta così.
Rispondi