si riparte!… con le costellazioni…

Domenica 19 settembre riprendono i seminari di Costellazioni Familiare a Bologna presso la sala CSAPSA di via S.M. Maggiore, 1.

L’incontro è aperto a tutti.

Il seminario fa parte della formazione base per Mediatore Familiare e Sistemico.

Ed ecco un breve presentazione del tema proposto dal titolo “Isole e sistemi” (rimanendo in tema vacanziero!)

A volte sento dire: “mia madre è… o era…”, “mio padre o mio figlio/a o mio fratello o sorella o il mio coniuge è…” E mi sento descrivere le caratteristiche dei congiunti di chi parla come se fossero delle persone a se stanti, indipendenti dall’ambiente che li ha cresciuti e dal giudizio stesso di chi parla. Spesso parliamo di un congiunto come se la conoscenza che ne abbiamo ci autorizzasse a delinearne le caratteristiche in modo oggettivo, senza tenere conto della relazione che questa persona intrattiene con noi.

Influenzati, anche senza saperlo, da modelli psicologici analitici, siamo soliti attribuire il comportamento dei nostri congiunti al loro carattere, senza tenere conto della relazione di parentela che intercorre fra noi e loro. “Mia madre non mi capisce, invece mia nonna …”, “mio marito o mia moglie hanno un brutto carattere, invece mi trovo meglio con altre persone…”, “mio figlio o figlia hanno dei problemi…” – come se fare la madre e la nonna fossero dei compiti paragonabili, come se il ruolo di marito o di moglie o di compagno non avesse niente a che fare con il comportamento che ci risulta incomprensibile o sbagliato e ci indispone.

Più la relazione è stretta più il compito di sostenerla è difficile, per il semplice fatto che implica in maniera sempre più totale tutti quelli che ne sono coinvolti. Più la relazione parentale che ci lega con una persona è stretta più quella persona agisce non da fuori, ma da dentro di noi. Essere genitori comporta più responsabilità che essere nonni o zii. Essere figli non è assimilabile a nessun altro tipo di rapporto. Amare i genitori è molto più difficile che amare i nonni o gli zii.

Amare i genitori vuol dire amare incondizionatamente se stessi, e questa è una delle cose più difficili che ci sia.

Parlare dei nostri congiunti come se fossero delle isole significa che noi stessi ci sentiamo delle isole e sicuramente siamo, almeno in parte, responsabili della situazione che imputiamo a loro. Le isole tendono a relazionarsi con altre isole! La soluzione sarebbe cominciare a trattare noi stessi come elementi di un sistema e considerarci non per quello che crediamo o vorremmo o sarebbe meglio che fossimo, ma per l’effetto che facciamo a chi ci sta intorno. Con la pratica, anche chi ci è vicino avrebbe la possibilità di aprirsi e di mostrarci chi è veramente, al di là delle nostre invadenti proiezioni e ansiose aspettative.

Invece che dare importanza ai caratteri individuali, potremmo mettere in relazione il comportamento di un parente con il posto che occupa nel nostro sistema. In questo modo noi e lui ci troveremmo a riconoscerci portatori di sentimenti che ci attraversano e che non sempre sono originati dal nostro vissuto. Attori più che autori di movimenti affettivi che ci appartengono, ne conserviamo la responsabilità, ma non è detto che ne portiamo la colpa. Sembra di rinunciare alla nostra preziosa individualità, invece, sentendoci collegati, essa diviene più piena e, perciò, meno rigida e vulnerabile. [Stefano Saviotti, RuYi]

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